INSEGNAMENTI EVANGELICI SULLA SOLIDARIETA' E ARTICOLI SULLA CARITA' E SOLIDARIETA' VERSO I BISOGNOSI

venerdì 17 aprile 2009

AMATE I VOSTRI NEMICI


AMATE I VOSTRI NEMICI
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Utopia! Utopia! Varie volte mi sono sentito dire questa parola, mentre tentavo di spiegare il senso della pagina evangelica che la liturgia della 7a domenica del tempo ordinario ci propone. È logico che dica questo un non credente, ma è illogico che lo dica chi è considerato un buon cristiano. Certamente, la pagina di Lc 6,27-35 è tra le più esigenti, ma penso che sia l’unica che ci indica la strada per sintonizzarci sino in fondo con il “Cuore di Cristo” e con la sua missione di riconciliazione dell’umanità. Non c’è altra strada se vogliamo vivere in pienezza la nostra vita cristiana. Ascoltiamone l’inizio:
Gesù dice: “A voi che mi ascoltate dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia porgi anche l’altra” (vv. 27-29a).
Dopo aver ascoltato queste parole, vorrei chiedere a chi si dichiara “non violento” e che desidera la pace: “Puoi proporre una via diversa da quella indicata da Gesù per essere nel mondo costruttore di pace e per eliminare ogni sorta di violenza e di sopruso?”. Aspetta a dire “sì” o “no”. Prima meditiamo insieme su quanto dice Gesù, il Signore. Fissiamolo mentre leggiamo il testo e chiediamoci:

Come si rivela Gesù?

Gesù si trova in una situazione di rifiuto. I detentori del potere religioso di Israele cercavano di farlo fuori (Lc 6,11) e nel suo ambiente vedeva tanta violenza, soprattutto in chi lottava con le armi contro l’occupante romano. Ebbene, sentendo che la violenza poteva abbattersi su di lui, “se ne andò sulla montagna a pregare e passò tutta la notte in orazione” (Lc 6,12). Quanto abbiamo letto nel testo è conseguenza del colloquio che ebbe lassù con il Padre. Quella notte decise come comportarsi nei riguardi dei suoi nemici, di chi gli fa del male, di chi lo odia o lo maltratta, di chi lo percuote... Le parole del Vangelo sono allora la legge che Gesù ha dato a se stesso, prima di darla ai suoi discepoli e si è data questa legge perché così vuole il Padre che lo ha mandato. La salvezza che viene da Dio non può in modo assoluto passare attraverso un suo inviato che ricorre alla violenza. Ebbene, Gesù apparirà a noi nella lettura del Vangelo come il “non violento” per eccellenza. Nessuno lo è mai stato o lo è come lui. Egli è il vero modello di chi vuol essere suo discepolo.
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Nel Vangelo di Giovanni c’è una frase assai significativa. I dirigenti Giudei “perseguitavano Gesù e cercavano di ucciderlo” (5,16.18), ed egli reagisce cercando di dialogare con loro; e mentre parla a un certo punto gli scappano queste parole: “Io vi dico questo perché possiate salvarvi” (5,34). Qui c’è tutto Gesù. Gesù davvero ama tutti e vuole la salvezza di tutti, anche di chi lo vuole uccidere.
Un giorno Giacomo e Giovanni, vedendo che i Samaritani non vogliono ricevere Gesù perché era diretto verso Gerusalemme, dissero a Gesù: “Signore vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”. Gesù li rimproverò, e secondo un antico manoscritto aggiunse: “Non sapete di che spirito siete. Il Figlio dell’uomo non è venuto per perdere la vita degli uomini ma per salvarli” (vedi Lc 9,52-55). Queste parole in corsivo non sembrano autentiche, però dicono come le prime comunità conoscevano i sentimenti di Gesù verso chi lo rifiutava. Egli continuava ad amare e a cercare la loro salvezza. E cercava di insegnare questo ai suoi discepoli, ma era duro mandarlo giù.
Una cosa è però già chiara: egli rifiuta ogni sorta di violenza e sceglie la via della vera non violenza: lascerà che camminino sul suo sangue, ma non camminerà sul sangue degli altri. Gesù sa che la violenza chiama violenza. Egli sa che “tutti quelli che usano la spada, moriranno di spada” (Mt 26,52). Per questo il suo rifiuto della violenza è totale. Lo dimostra quanto avviene nel Getsemani. Appena uno dei suoi discepoli colpì con la spada il servo del Sommo Sacerdote, Gesù disse: “Non fate così! Basta!”. Poi toccò l’orecchio del ferito, e lo guarì. Gesù fa del bene a chi è venuto ad arrestarlo (Lc 22,50-51). E quando durante il giudizio una guardia lo schiaffeggia, non porge l’altra guancia, ma cerca il dialogo. Non è forse questo atteggiamento, che esprime il desiderio di capire perché l’altro agisce così, un “porgere l’altra guancia”?
Ed eccolo al culmine della sua missione. È lì innalzato sulla croce, tra cielo e terra, tra chi lo odia, lo insulta e uccide e il Padre. Ascoltiamolo: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Chiede perdono, ed egli sa che il Padre sempre lo ascolta. Ancor più, li scusa e apre loro con il perdono la via della salvezza.
Questa è l’unica vera via verso la riconciliazione, la pace, la concordia.

Gesù e noi

Il testo lucano già letto è denso di imperativi ed è la legge che Gesù da ai suoi discepoli, perché devono imparare da lui che è mite e umile di cuore. La vita cristiana si svolge nell’imitazione di Gesù, è un dare testimonianza di lui, è dirlo nella concretezza del proprio vivere. Ma poi aggiunge: “Se amate soltanto quelli che vi amano... Se fate del bene soltanto a coloro che vi fanno del bene... Se prestate soltanto a coloro dai quali sperate di riavere, che merito ne avete?... Anche i peccatori fanno lo stesso” (vv. 32-34).
In queste parole abbiamo la logica umana, la normale regola dell’agire umano che si oppone in modo radicale alla logica di Gesù, che il discepolo deve fare propria. Potremmo ritradurre così questo testo: “Non amare i nemici perché quelli non ti amano. Non fare del bene a chi ti fa del male o ti odia. Non chiedere la benedizione di Dio su quelli che ti maledicono. Non prendere l’iniziativa della non violenza, se gli altri non fanno lo stesso: è meglio mettere missili contro missili”. In questa logica però non è possibile l’amore. È impossibile eliminare i muri di separazione, non c’è condivisione di beni, non è possibile costruire un mondo di pace. Bisogna saper pagare di persona per farlo. Così ha fatto Gesù e qualcosa è cambiato nel mondo e continuerà a cambiare se noi suoi discepoli ci decidiamo a fare nostro il suo programma di vita.
Confrontandoci con Gesù, comprendiamo subito che siamo di fronte a due vie: o scegliere il modo comune della cultura corrente o scegliere la via di Gesù: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, la smetta di pensare a se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Lc 9,23). “Se”: il Signore non vuole dei “costretti”, vuole gente libera come lui, che “liberamente” scelga se imitarlo o no. In ogni pagina del Vangelo che ascoltiamo siamo sempre di fronte a una scelta, perché Gesù si presenta a noi nel suo concreto agire umano. E nella pagina che stiamo meditando siamo di fronte a una “scelta radicale” che ci mette in situazione di andare “contro corrente” nella cultura di cui il mondo è imbevuto.
Gesù però ci dice il perché dobbiamo agire così: “... e sarete figli dell’Altissimo”. Mi piacerebbe tradurre il futuro “sarete” dicendo: “e diventerete sempre di più figli dell’Altissimo, che è benevolo verso gli ingrati e i malvagi” (v. 35). Sin dal battesimo siamo stati rigenerati e diventati figli, ma come ogni neonato dobbiamo crescere nella nostra figliolanza divina. La morale cristiana è la morale del “divenire”; nulla si improvvisa, si cresce poco a poco e si cresce come cristiani “fissando lo sguardo su Gesù”. Quanto Gesù ci dice esprime il suo desiderio di vederci sempre di più simili a lui, il desiderio che il Padre possa compiere in noi il suo progetto di salvezza. Il Padre infatti “ha deciso di renderci simili al Figlio suo perché il Figlio sia il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29).
Gesù è vissuto imitando il Padre. Ora tocca a noi, suoi fratelli. Ecco quindi l’esortazione finale: “Diventate dunque misericordiosi (pieni di bontà) come è misericordioso (pieno di bontà) il Padre vostro” (v. 36). Come Gesù anche noi dobbiamo rivelare il Padre. Questo è ora il nostro compito. Con la nostra vita dobbiamo dire chi è il Dio in cui crediamo. Non è facile, il Signore lo sa, ma è a questo che ci vuole condurre. E quando ognuno di noi può dire: “Mi sforzo ogni giorno di essere così!”, costui è colui che cresce nell’imitazione di Gesù per giungere a poco a poco alla “maturità di Cristo” (Ef 4,13).

Pregare il testo

Signore Gesù, per tanti anni della mia vita sono vissuto in un ambiente saturo di vita cristiana e perciò sentivo tutta la bellezza di questa pagina evangelica; per me era una bella poesia, ben ritmata da concetti incisivi. Quando però mi sono gettato nell’annuncio, il suo senso poetico è andato in frantumi e ne ho sentito tutta la durezza. Gesù, ci vuole coraggio per predicare quanto esigi, perché si è obbligati a confrontarsi con i tuoi ideali di vita, e sembra quasi contro natura dirti di “sì”.
Un giorno, una “sorella nella fede e nell’apostolato” mi ha detto: “Le mie superiore mi vogliono mandare a lavorare in quella tribù. Come faccio? Lì c’è quella gente che ha ucciso tutta la mia famiglia”. Da quel giorno le tue parole mi sono sembrate come una “spada a doppio taglio che penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito... e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4,12). Sì, la tua parola, Signore, è “una spada tagliente”, ma sei tu che la maneggi e tu la maneggi colmo di bontà, per togliere dal mio cuore quello che non va; usi la tua forte parola per guarirmi nel cuore, affinché i miei sentimenti siano in sintonia con i tuoi, in modo che io possa decidermi ogni giorno a vivere da vero discepolo. E tu mi aiuti. È vero dal giorno in cui ho incontrato quella sorella non sono più riuscito a leggere la tua parola come una bella poesia, ma neppure a dire che è un’utopia, per il semplice motivo che tu, Signore, come uomo e nella sofferenza hai vissuto sino in fondo quello che ci insegni e ci dai le forze per viverlo.
Nei miei riguardi poi, mi ha messo a volte accanto delle persone che mi hanno aiutato e insegnato a vivere la tua parola anche se continuo a sentirla assai dura, come la sentono tanti miei fratelli e sorelle di fede. Un mio superiore, in anni di tanta violenza che ci portavano al desiderio di andare in giro con la rivoltella in tasca, mi disse: “Siamo missionari, non siamo venuti qui per uccidere ma per dare la nostra vita. Facciamo insieme la scelta di Gesù che non ha camminato sul sangue degli altri, ma ha lasciato che camminassero sul suo sangue”. È una scelta magnifica, Gesù, tanto più che tu ci assicuri la tua presenza.
E poi nel 1983, quando mi trovavo in El Salvador in piena guerriglia, e chiesi a un confratello: “Come fai a insegnare quello che Gesù ci dice: «Amate i vostri nemici... ecc.»”. Egli mi rispose: “Io cerco di dire ai ragazzi: «Vogliamo che continui questo mondo? Perché non tentiamo la via di Gesù»”. Che bello, Signore. Sì solo la tua via è vera via di pace. Donami sempre l’abbondanza del tuo spirito e mi sforzerò ogni giorno di camminare sulla via che mi hai insegnato. Amen!
Mario Galizzi SDB


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IMMAGINE: Il Buon Samaritano
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